Gita 2014: Roma
13 Ottobre 2014Nuovo sito AIAS Brescia
21 Gennaio 2016
Per sei mesi non si è parlato d’altro: giornali, tv, facebook, twitter, #expo2015, #expottimisti, #expopessimisti , chi a favore, chi contrario, quelli che “è uno spreco di soldi” , quelli che “è una formidabile passerella per l’italia , quelli che.. e mi fermo qui.
Potevamo noi dunque lasciare che questo evento scivolasse via senza che si fosse riusciti a posarci sopra la nostra bandierina? certo che no. Ed infatti la nostra promoter Chiara che è alta, mora, porta gli occhiali ma ci vede lontano, anzi lontanissimo, ci ha sorpreso proponendo questa trasferta per il club. Una sfida, una bella sfida.
Per chi non lo sapesse il tema di Expo era “sfamare il pianeta” ma è difficile che ad oggi qualcuno ancora non lo sappia. E’ per questo che in questo articolo voglio spostare il focus sul rapporto di amore e odio tra Expo e il club. Tra un sabato di quelli a maggior affluenza di una manifestazione a respiro universale e le nostre venti carrozzelle che sfilavano a fatica al suo interno. Tra il dire “per noi non ci sono ostacoli” e l’agire come se davvero non ci fossero. E così alle otto di mattina del 26 settembre 2015, un pullman sventolante bandiera del club spastici adulti, è partito alla volta dell’esposizione universale, comunemente detta: Expo 2015.
Potrei dire che a noi piacciono i bagni di folla, quelli in cui ti immergi e ti senti parte di un grande evento, attori protagonisti di una manifestazione che alla fine conterà qualche milione di visitatori. Ed infatti lo dico.
Expo ci ha accolto senza troppi onori, niente tappeti rossi, niente fanfare, niente falsi convenevoli. Ci ha aperto le giuste corsie preferenziali, ci ha messo in coda con tanti altri, ci ha fatto sentire come tanti altri. Expo è stato un insieme di colori, di lingue, di profumi, di facce strane, di bandiere, di spettacoli, di folklore, di gente in coda, di gente col naso all’insù, di curiosità, di vestiti, di rumori. E’ stato un mare, ed in mezzo a quel mare noi ci siamo trovati a casa. Ed ora possiamo dire: noi c’eravamo.